Lo zenit è l’intersezione della perpendicolare al piano dell’orizzonte, passante per l’osservatore, con la superficie dell’emisfero celeste visibile

sabato 27 aprile 2013

Questioni di caratteri

Internet ci regala tutte le puntate di EstOvest, un programma di Rai3 che va in onda la domenica mattina alle 10.45. È una rubrica di approfondimento su notizie che arrivano dall'oriente europeo, più o meno vicino. Spesso anche da oltre il confine orientale, quel confine che si allontana sempre più.
A questo link potete guardarvi con calma l'ultima puntata andata in onda il 21 aprile scorso, che io ho appena visionato. 
Ci sono informazioni interessanti per tutti i venti minuti della puntata, ma oggi scrivo per mettere in evidenza l'ultimo servizio, quello che inizia al secondo 50 del minuto 15: "Questione di caratteri".
Il tema centrale è l'alfabeto.
Quando a scuola impariamo a memoria l'alfabeto, non ci rendiamo conto di quanto importante sia e sarà nel nostro futuro quell'insieme di segni che fino a quel momento per noi era solamente un suono, non era qualcosa di visibile né in qualche modo tangibile.
Il giornalista, Raffaele Gorgoni, parlando dei due alfabeti latini e cirillici utilizzati nell'area della ex Jugoslavia, pronuncia una frase potentissima, che racchiude in poche righe la verità di quanto accaduto nei Balcani dal 1992 al 1995:
«Poco importava allora, e poco importa ancora oggi, che la dissoluzione della Jugoslavia fosse un'operazione progettata a tavolino da potentissimi organismi finanziari internazionali. E ancor meno importa che le leadership locali dell'epoca si prestassero tutte, non solo il famigerato Milošević, a gestire una guerra che a ben vedere non è stata una guerra civile, ma una guerra contro i civili che ha lasciato uno strascico di odi e rancori difficili da sanare.»
Una verità che tento di spiegare in tutte le occasioni possibili che mi si presentano.
Tornando agli alfabeti, Gorgoni pronuncia:
«Lettere che ricordano proiettili. Segni che rammentano granate, che riportano alla memoria pulizia etnica. Simboli, insomma. E che c'è di peggio di un simbolo, se letteralmente simbolo è quella cosa che serve a tenere insieme. Magari la minoranza serba tornata a vivere nella terra dove aveva sempre vissuto, ma che da un giorno all'altro, dopo il 1990, era diventata straniera.»
Incredibile come questo servizio, in alcuni minuti, con una serie di immagini, alcuni suoni e poche parole, descriva molto di quanto accaduto in quegli anni:
«Le identità, gli alfabeti, i caratteri non sono pericolosi fino a quando qualcuno decide di usarli come armi.»
Penetrante la frase con cui conclude il discorso: 
«E dove ancora oggi infrangere quanto simbolico può avere un esito diabolico.»

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